Prima lezione di diritto romano by Emanuele Stolfi

Prima lezione di diritto romano by Emanuele Stolfi

autore:Emanuele Stolfi [Stolfi, Emanuele]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Universale Laterza
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2023-09-15T00:00:00+00:00


6. Pensare il diritto tramite i mezzi processuali

Quanto appena rilevato in merito al diritto onorario rinvia, più in generale, a un ultimo tratto di fondo dell’esperienza romana. Qualcosa di affine, e connesso, è infatti rinvenibile non solo nelle modalità prescrittive seguite dai magistrati muniti di iurisdictio, ma anche nell’approccio dei giuristi, come poi in alcuni interventi imperiali, in campo sia normativo che strettamente giurisdizionale. Si tratta della marcata inclinazione a ‘pensare il diritto tramite le azioni’ – qui però intese (come già nel IV libro delle Istituzioni gaiane) quale sineddoche: comprensive, cioè, di qualsiasi mezzo di tutela processuale.

L’espressione che ho appena usato, ricalcata su una tedesca (‘aktionenrechtliches denken’), merita qualche precisazione. Essa si rivela certamente preferibile rispetto ad altre. Non sarebbe corretto, in particolare, parlare di un predominio della logica processuale su quella sostanziale. Ciò infatti implicherebbe una prevalente attenzione, dinanzi a un caso pratico, per gli esiti a cui approdi la sua valutazione in sede processuale. Così da interrogarsi, di volta in volta, su chi vincerebbe e chi perderebbe nella relativa controversia. Non è però questa la prospettiva da cui si poneva il giurista romano – per non parlare di magistrati e imperatori. Dalla sua visuale esulavano quasi completamente fasi e modalità in cui venisse assolto l’onere probatorio, dimostrata la fondatezza di quanto asserito dall’un contendente o dall’altro, e quindi ottenuta una sentenza favorevole. Tutto ciò atteneva alla valutazione dei fatti, di cui poteva tranquillamente occuparsi un non tecnico – e tale era in effetti, molto spesso, il iudex di un processo formulare. Lo sguardo dell’esperto era rivolto ad altro: alla struttura giuridica dell’evento, allo schema astratto cui ricondurre la singola vertenza.

Significative, ad esempio, le domande che molte fonti ci tramandano, allorché venivano contemplati accordi non agevolmente identificabili in uno dei contratti tipici previsti dall’ordinamento. Gli esperti romani non si chiedevano se e quale contratto fosse stato concluso, né quali diritti di credito eventualmente ne fossero sorti. Ma neppure si interrogavano su quale delle parti avrebbe avuto la meglio in un ipotetico giudizio. Piuttosto, si domandavano se il soggetto nel cui interesse era stata concordata una prestazione disponesse – in mancanza di uno spontaneo adempimento – di qualche forma di tutela, onde poter ottenere quanto convenuto, o almeno il suo equivalente pecuniario. Come i pretori si esprimevano tramite le azioni e gli altri mezzi processuali contemplati nell’editto, così i giuristi erano immancabilmente portati a vagliarne la fruibilità, ma ‘in astratto’ – ossia a prescindere dal concreto risultato che avrebbero fatto conseguire, nel singolo processo.

Si riflette in questo un elemento troppo spesso sottovalutato da quanti si concentrino solo su continuità e analogie, pur a tratti indubbie, fra esperienza antica e moderna. E cioè la circostanza che i Romani non dettero mai vita a un ‘sistema giuridico’ centrato sul soggetto e le sue prerogative sostanziali (i ‘diritti soggettivi’, appunto), come invece accaduto dal XVII secolo in poi. Persino la dicotomia fra titolarità sulle cose e crediti – dicotomia così centrale nel nostro regime dei rapporti patrimoniali da apparirci quasi ovvia –



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